Tu non sei libero.

Ora sono libero“. La chiave di lettura del dramma che si è consumato a Senago sta tutta in questo messaggio che Alessandro Impagnatiello avrebbe inviato alla sua amante dopo aver ucciso Giulia e il bambino che portava in grembo. “Se n’è andata, adesso sono libero“, avrebbe detto. La “libertà” affermata come valore assoluto e irrinunciabile per il quale si è disposti a compiere il più atroce dei crimini. Ma di quale libertà parlava? E’ importante chiarirlo perché “libertà” è una delle parole più belle che possa essere pronunciata da un essere umano e non è giusto utilizzarla a pretesto dell’orrore. La “libertà” che invoca l’assassino è l’arbitrio amorale del male assoluto. E’ la ricerca ossessiva del piacere ad ogni costo. Ogni ostacolo che può impedirlo deve essere abbattuto: con la menzogna che diventa abitudine di vita e persino con un coltello, se necessario. E’ la fuga da ogni forma di responsabilità, il rifiuto dalle conseguenze delle proprie azioni. No, questa non è libertà. Questo non significa essere libero. Tu libero non lo sei mai stato perché non hai mai scelto. Quella che tu chiami “libertà” è solo una misera e ignobile forma di egoismo. Tu l’hai uccisa la libertà. Giulia era una donna libera, non tu. Lei ha scelto liberamente di avere un bambino, di affrontare un cammino fatto di gioie e di sacrificio, ha scelto l’amore che ti ha donato, non immaginando che in questo mondo potessero esistere persone come te. Tu non sei libero, non lo sei mai stato e non lo sarai mai.

I figli degli uomini e i figli dei cani.


E così, anche il Papa è finito nel mirino degli animalisti. A scatenare la loro ira funesta è stato il racconto di due episodi durante il suo intervento agli Stati generali della Natalità. Due fatti accaduti in piazza San Pietro, dove il Papa si è ritrovato davanti a cagnolini trattati come figli dalle rispettive padrone. Il primo risale a due settimane fa, quando il suo segretario si è avvicinato a una donna con un passeggino: «Lui, un prete tenero – dice Bergoglio – si avvicina per vedere il bambino. Era un cagnolino». E poi l’altro episodio, durante l’udienza del mercoledì, quando il Papa è andato a salutare i fedeli e ha incrociato una signora di 50 anni che ha aperto la borsa e, mostrandogli un cagnolino, gli ha detto: “Me lo benedice il mio bambino?”. Il Papa l’ha rimbrottata: «Signora tanti bambini hanno fame e lei col cagnolino…”».
Tanto è bastato per scatenare una campagna d’odio contro di lui che ha visto la partecipazione anche di illustri intellettuali di certi salotti radical chic.
Conosco bene questi meccanismi. Qualche anno fa è toccato anche a me finirci dentro. A me che ho sempre amato i cani e che ho pianto come un bambino quando, sette anni fa, persi la mia Ceylon. Il pastore tedesco femmina che nei romanzi di Casabona si chiama Snaus. All’epoca, uno sciagurato, si filmò mentre uccideva un cagnolino di nome Pilù sbattendolo contro il muro e diffuse il video sui social, scatenando una giusta reazione di indignazione. Questo movimento di protesta organizzò delle manifestazioni che portarono alla decisione di erigere un monumento a ricordo del povero cagnolino. Io mi permisi di osservare che i monumenti si dovrebbero dedicare agli eroi che hanno sacrificato la loro vita per gli altri. Che, invece, vengono spesso dimenticati. Apriti cielo. Ci mancò poco che non fui costretto a trasferirmi in una località segreta.
Quindi, per quello che può servire, io sto con il Papa. Con tutto il rispetto e l’amore per i cani, i figli della specie umana si chiamano bambini e non hanno la coda. I figli dei cani si chiamano cuccioli, sono bellissimi, teneri, ci fanno compagnia e meritano di essere amati ma sono diversi dai bambini: hanno la coda, il pelo e abbaiano. Queste due cose non dovrebbero mai essere confuse come, purtroppo, spesso avviene.
Il Papa li ha sempre benedetti gli animali, si trovano tante foto in rete che lo dimostrano. Anche se la campagna di odio che è partita nei suoi confronti vorrebbe far credere che si rifiuta di farlo. Lui ha voluto solo richiamare l’attenzione su tanti bambini (quelli veri) che muoiono di fame e vivono in condizioni disumane che meriterebbero, quantomeno, lo stesso affetto e la stessa attenzione che viene dedicata qui da noi ai cani. Una società che chiama bambino un cane e si gira dall’altra parte di fronte a bambini che muoiono di fame è una società malata d egoismo che ha perso il contatto con la realtà. Certo, una cosa non esclude l’altra: ti puoi occupare del cucciolo e ti puoi occupare del bambino. Ma se consideri bambino il cucciolo vuol dire che il vero bambino non lo vedi più.

Salone internazionale del libro di Torino – 2023

Quest’anno ci sarò anche io al Salone internazionale del libro di Torino. Mi troverete presso lo stand della Polizia di Stato (V189 area Oval). Giovedì 18 maggio alle 17.30 e venerdì 19 maggio alle 17. 30 presenterò il mio ultimo romanzo “Io sono l’Indiano” insieme ad Antonella Fabiani, redattrice della rivista Polizia Moderna.
Giovedì 18 maggio alle ore 16.30 sarò anche allo stand Rizzoli per un firmacopie. A presto.

E’ Figlie – I figli, una bellissima poesia di Lello Florio.

E’ Figlie 

Mio padre m’ha ditto
ca ‘o pate l’ha ditto
ca ‘e figlie se vasano n’suonno?
Adesso capisco pecché si me vase me pare ca me mette scuorno!
E figlie si dormono non ponnu sapé si ‘o pate po se l’ha vasate.
Quand’ero vuaglione io desiderava sti gest d’affette a papà.
Lui condizionato dei detti do pate non è riuscito a mi fa.
Aspettava ca papà mi veniva a vasà, quante notti so state scitate,
po quande veniva fingevo e durmì
e non mo puteva abbraccia teneva paura ca si mi scopriva po’ non mo veniva chiu a dà.
E figlie si dormono non ponnu sapé si ‘o pate po se l’ha vasate.
“Mio padre m’ha ditto
ca ‘o pate l’ha ditto
ca ‘e figlie se vasano n’suonno?
Però certi detti,
sono detti sbagliati,
è inutile a ce girà attuorno.
I’so’ stato figlio,ma mò, songo pate,
‘sti ‘ccose me songo mancate.
Picciò, nun aspettoca vanno a durmì,
I’ ‘e figlie m’è vaso scetate.

(Lello Florio)

I figli

Mio padre mi ha detto che il padre gli ha detto
che i figli sì baciano quando dormono?
Adesso capisco perché se mi bacia sembra che ho vergogna!
I figli se dormono non possono sapere se il padre poi se li è baciati.
Quando ero ragazzo io desideravo questi gesti di affetto da parte di mio padre.
Lui condizionato dai detti del padre non è riuscito a farmeli.
Aspettavo che mio padre mi veniva a baciare, quante notti sono stato sveglio,
poi quando arrivava fingevo di dormire
e non potevo abbracciarlo, avevo paura che se mi scopriva non veniva più a baciarmi.
I figli se dormono non possono sapere se il padre poi se li è baciati.
Mio padre mi ha detto che il padre gli ha detto che i figli sì baciano quando dormono?
Però certi detti sono sbagliati,
è inutile che ci giri intorno.
Io sono stato figlio, ma ora sono padre,
queste cose mi sono mancate. perciò, non aspetto che vanno a dormire,
i figli me li bacio quando sono svegli.

Incontro con i ragazzi del Centro Nazionale Opere Salesiane / Formazione Aggiornamento Professionale di Foligno.

Poche cose uniscono le persone, al di là delle differenze di razza, lingua e religione: tra queste, la musica, l’amore per i propri figli, la cucina. Quando si cucina insieme ci si capisce senza bisogno di parlare, si è in pace. Oggi è successo proprio così ed è stata una bella mattinata in compagnia dei ragazzi e dei docenti del Centro Nazionale Opere Salesiane / Formazione Aggiornamento di Foligno. Si è parlato di libri e di vita, di pizza e di dolci, e siamo stati bene, davvero bene.

Tutti per uno, uno per tutti.

Marco, Cristiano, Adam, Manuel e Davide, sono cinque ragazzi di Belforte all’Isauro, un piccolo comune italiano di 742 abitanti della provincia di Pesaro e Urbino, nelle Marche.

Nel giugno del 2021, dopo aver conseguito la maturità, decidono di festeggiare con un esperienza forte, di quelle che si raccontano per tutta la vita: portare a termine il cammino di Santiago. Scelgono il percorso più lungo e impegnativo, quello che parte da Saint Jean Pied de Port, in Francia, e arriva a Santiago di Campostela, percorrendo tutta la Spagna per un totale di 779 chilometri. Come se non bastasse, aggiungono al viaggio anche una capatina a Finisterre, il chilometro zero del cammino, considerata un tempo la fine del mondo conosciuto. Così si arriva a un totale di 902 chilometri.

Quando pianificano il percorso, c’è un solo problema, se lo si può chiamare così: uno di loro, Marco detto Schiara, è affetto da una disabilità e ha una mobilità ridotta. Nessuno pensa, nemmeno per un attimo, di lasciarlo a casa. Il motto di una vera amicizia, si sa, è quello che Alexandre Dumas creò per “I tre moschettieri”: “Tutti per uno, uno per tutti.”. Così decidono di ingaggiare, per il loro viaggio, joelette, una carrozzella da fuoristrada, concepita per percorrere tratti off-road grazie all’aiuto di almeno tre accompagnatori, e partono, puntando dritti alla meta, dove sono arrivati alla fine di luglio.


Per questa bellissima avventura, i cinque sono stati premiati dal Presidente della Repubblica, insieme a tanti altri giovani che si sono distinti per comportamenti e azioni solidali di cui, per fortuna, le nostre comunità sono ricche.

Buon Natale di rivelazione

Nella vita realizziamo molte cose che gli altri osservano per farsi un’idea di noi. Il problema è che molte di quelle cose non ci corrispondono. Le facciamo per dovere, per necessità o per compiacere qualcuno che se le aspetta. Il risultato è che la maggior parte delle persone che incontriamo non ci conosce realmente. Quello che pensa di noi è falsato dalle tante maschere che siamo obbligati a indossare. Natale è uno di quei pochi momenti in cui sentiamo il desiderio di rivelarci. Forse perché ci riporta a quando eravamo bambini e tutto era vero e spontaneo. E allora che sia un Natale di rivelazione, è questo l’augurio che vi faccio. Rivelatevi e stupite chi ancora non sa bene chi siete. Ci guadagnerete senz’altro perché, in genere, siamo sempre migliori di ciò che siamo costretti ad apparire. Buone feste a tutti.

Festa dei nonni

Si diventa nonni a nostra insaputa, senza aver fatto nulla per meritarlo, almeno non in tempi recenti. E’ una conseguenza di azioni che vengono dal passato, delle quali ci eravamo anche dimenticati. In genere, accade proprio quando avevi ritrovato il tuo tempo e ti stavi riorganizzando la vita; quando, finalmente, ti eri deciso a mettere ordine in soffitta e ti chiedevi cosa fare di tutte quelle scatole ingombranti, piene di vecchi giocattoli appartenuti ai tuoi figli. Il primo pensiero che ti viene, quando diventi nonno, è di non dirlo a nessuno per non rovinarti la piazza e vanificare i sacrifici che fai per cercare di nascondere gli anni che passano, fino a che non incontri il tuo nipotino e capisci che diventare nonno è la cosa più bella che poteva capitarti alla tua età. Mentre lo stringi al petto e lui ti sorride, ti vengono in mente tutte le cazzate che hai fatto con tuo figlio e si scatena la paura che lui possa farne solo la metà con quella creatura indifesa che tieni in braccio. Si dovrebbe partire direttamente da nonni per essere un buon padre, pensi. Se fosse possibile. Ma la vita è una strada a senso unico e il tempo scorre solo in avanti, non ti resta altro che sperare che lui sia migliore di te. Buona festa a tutti i nonni.