Le prime venti pagine del romanzo
La tranquilla provincia toscana di Valdenza è improvvisamente scossa dall’omicidio di una donna che viene ritrovata in casa, in una posizione innaturale e con una fascetta stringicavo attorno al collo.
Si pensa subito al movente passionale, ma all’occhio esperto di Casabona, il commissario incaricato del caso, qualcosa fin da subito non quadra: troppi elementi diversi sulla scena del crimine, troppi particolari contrastanti.
Schivo, ma con una forte carica umana, reso cinico da troppi anni di mestiere alle spalle, Casabona capisce ben presto che l’omicidio è solo l’inizio di un vortice di morte: un gioco molto pericoloso in cui le regole sono quelle stringenti e folli di un serial killer. E Casabona non può che accettare la sfida. “Chiediti perché e troverai il movente e se troverai il movente sarai vicino all’assassino”: seguendo questa frase come un mantra e con l’aiuto dell’affascinante collega Cristina Belisario, Casabona cercherà di venirne a capo e per farlo sarà obbligato anche a una profonda riflessione sull’impotenza dell’essere umano rispetto alle conseguenze delle proprie azioni.
Un noir da non perdere. Un commissario che non si dimentica.
LE PRIME 20 PAGINE DEL LIBRO
http://www.giunti.it/media/sfoglialibro-ogni-giorno-suo-male-ZGZYXAUZ.pdf
Perchè questo titolo?
Oggi è domenica. E’ il momento giusto per spiegare da dove trae spunto il titolo del libro. Anche se per comprenderne il senso nella storia narrata bisogna arrivare a leggere le ultime pagine del romanzo.
La frase “ogni giorno ha il suo male” viene da uno dei passi più belli del Vangelo: il discorso della montagna di Gesù, riportato da Matteo, che si conclude con le seguenti parole:
” … E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un’ora sola alla sua vita?
E perché vi affannate per il vestito?
Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano.
Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro.
Ora se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede?
Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo?
Che cosa berremo?
Che cosa indosseremo?
Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno.
Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta.
Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini.
A ciascun giorno basta la sua pena.”
Tipologie del serial killer
Nel 1985 Holmes e De Burger pubblicarono uno studio sui serial killer definendo le seguenti categorie entro le quali si potevano raggruppare i casi esaminati:
VISIONARI: che sono quelli che agiscono per rispondere a voci o visioni che spingono ad uccidere in nome di Dio o di Satana o di un loro alter ego, che danno loro le istruzioni e giustificano e legittimano il loro delitto. Di solti questo assassino è classificato come psicotico.
MISSIONARI: sono assassini che ritengono di fare pulizia, che sentono la responsabilità di agire per il bene della comunità e quindi la vogliono liberare da individui indesiderati: prostitute, omosessuali, minoranze etniche, adepti di particolari fedi religiose. Questi soggetti non provano alcun rimorso poiché agiscono “per il benessere della società”. Sono consapevoli delle proprie azioni e dei rischi relativi.
Un esempio emblematico è quello di Pedro Alfonso Lopez, un venditore ambulante colombiano accusato di 310 omicidi. 100 bambine seviziate e strangolate in colombia, altrettante in Perù, 110 in Ecuador. Quando fu arrestato si definì un liberatore. “Le ho soppresse per liberarle dalle sofferenze che subivano nella vita terrena” confessò.
EDONISTI: uccidono per piacere e per procurarsi una forte emozione. Le motivazioni principali che li spingono al delitto sono:
La lussuria: sono la maggior parte, per loro la gratificazione sessuale è il motivo principale del delitto e i loro crimini sono accompagnati da una dose enorme di sadismo. Il delitto viene prima coltivato nella fantasia, poi segue il periodo di caccia della vittima giusta, c’è poi il delitto o il momento di estasi in cui l’assassino può anche appropriarsi di fotografie o di parti del corpo della vittima da conservare, il dopo delitto in cui l’assassino cade in depressione e sente che dovrà uccidere ancora. Considerano le persone solo come dei mezzi, come degli strumenti attraverso i quali raggiungere la soddisfazione. Questo il tipo di serial killer viene ritenuto il più difficile da assicurare alla giustizia.
Il brivido: il piacere, cioè, dell’atto in se stesso. Il motivo principale del delitto, più che la gratificazione sessuale, è il desiderio di provare un’esperienza da brivido.
Il guadagno: si uccide per raggiungere un guadagno materiale (riscuotere polizze d’assicurazione, eredità ecc) o un beneficio psicologico (donna che uccide mariti perché insoddisfatta). L’atto è indirizzato al conseguimento di un altro fine (soprattutto le donne appartengono a questa categoria)
DOMINATORI: si tratta di personalità deboli e insicure che uccidono per il desiderio di riscattarsi ottenendo il controllo sulla vita e la morte degli altri. L’umiliazione e la degradazione di un innocente esaltano il loro senso di onnipotenza.
Jeffrey Dahmer, il cannibale di Milwakee è un esempio tipico. Dahmer adescava giovani omosessuali, li portava prima a casa sua dove li teneva in uno stato di incoscienza per un periodo di tempo nel quale li torturava e seviziava per poi inevitabilmente ucciderli.
Il DNA
Il DNA permette di sapere se una persona era presente o no sulla scena del crimine È l’impronta genetica che rende unico ciascuno di noi e la cui analisi facilita anche il lavoro degli investigatori.
La struttura biochimica del Dna fu scoperta nel 1953 James Watson e Francis Crick. E’ un codice semplicissimo che si avvale di un alfabeto di quattro lettere A, G, C e T, le basi azotate adenina, guanina, citosina e timina. La combinazione di queste lettere non è completamente libera e in ogni campione di Dna vi devono essere tante A quante T e tante G quante C.. La doppia elica del Dna è infatti formata da due filamenti: su uno dei filamenti c’è una A, sull’altro c’è una T e ogni volta che su uno c’è una G, sull’altro c’è una C. In pratica, un gene non è altro che una lunga sequenza del tipo: TACGATCGGC.
La polizia si serve del Dna, generalmente isolato dal sangue, dalla pelle, dalla saliva, dai capelli e da altri tessuti e fluidi biologici, per identificare i responsabili di atti criminosi, come delitti o violenze. Il processo utilizzato è noto come “fingerprinting genetico” (impronte digitali genetiche): la tecnica consiste nel comparare la lunghezza delle sezioni variabili del Dna ripetitivo; ad esempio la coppia di basi AT ripetuta 4 volte (ATATATAT) ma il numero delle ripetizioni può essere superiore.
Il test si basa sull’estrazione di un campione di Dna da un tessuto o da un liquido del corpo: il campione deve essere poi spezzettato in “strisce”, grazie ad alcuni enzimi che riconoscono specifiche sequenze di basi lungo il filamento di Dna e che lo “tagliano” esattamente in corrispondenza di queste sequenze; se le sequenze, simili a quelle di un codice a barre, coincidono in diverse strisce, esiste un’elevatissima probabilità che la coincidenza non sia casuale.
Nel caso in cui si prende in esame un alto numero di “strisce” e si seguono metodi moderni, la probabilità di una coincidenza casuale è 1 su 100 miliardi, vale a dire praticamente nulla: se invece le strisce utilizzate sono poche le probabilità possono scendere a 1 su 5 milioni.
E’ proprio grazie alle analisi del Dna, effettuate sui tanti mozziconi di sigaretta trovati sul monte che sovrasta l’autostrada A/29 Trapani – Palermo, che sono stati incastrati gli esecutori della strage di Capaci (Pa).
Una microtraccia lasciata su un minuscolo pezzo di scotch ha permesso di confutare la testimonianza di Angelo Izzo nel caso del duplice omicidio di Maria Carmela Maiorano e della figlia quattordicenne Valentina. Le donne furono uccise, legate con un nastro adesivo e poi sotterrate in una villetta nei pressi di Ferrazzano, in provincia di Campobasso, il 28 aprile 2005. Nella sala da pranzo, dove secondo gli investigatori era stata uccisa la giovane ragazza, Izzo diceva di non esserci mai entrato. Gli inquirenti non erano riusciti a trovare, in quel luogo, impronte o altri reperti utili per fornire prove da usare durante il processo. Furono trovati solamente alcuni piccoli pezzettini di nastro adesivo che probabilmente l’assassino aveva staccato con la bocca e che gli erano rimasti appiccicati al labbro. Il Dna estrapolato da quei microframmenti di scotch corrispondeva a quello di Angelo Izzo e dimostrava che l’imputato in quella stanza, a differenza di quanto affermava, ci era entrato.
Sempre nel 2005 un altro caso di omicidio fu risolto a Firenze grazie a delle piccolissime tracce di sangue trovate sui vestiti dell’assassino. Si tratta dell’omicidio di Emanuela Biagiotti trovata morta, accoltellata, all’interno del supermercato “Penny Market” dove lavorava. Dopo varie indagini i sospetti caddero su un collega della vittima: Leonardo Tovoli. Nonostante l’uomo avesse lavato gli abiti che indossava, gli investigatori riuscirono a trovare tra le fibre del tessuto dei pantaloni una piccola traccia di sangue: l’analisi del Dna dimostrò che si trattava proprio del sangue della vittima.
Le ultime tecnologie permettono anche di fare analisi specifiche sui Dna per capire se esiste una relazione parentale di origine materna o paterna. Questa possibilità è stata utilizzata nel caso dell’omicidio di Giuseppina Potenza, trovata morta sulla spiaggia di Manfredonia nel 2004. I sospettati erano tanti e per ridurre il campo venne fatta un’analisi sul cromosoma Y del Dna trovato sul corpo della vittima per vedere se c’era un legame parentale tra la ragazza uccisa e l’assassino. Il cromosoma Y viene, infatti, trasmesso di padre in figlio in tutta la progenie maschile. In questo caso il cromosoma Y corrispondeva a quello del padre di Giuseppina, ma il Dna non era il suo. Rimanevano “in gioco” una decina di persone tra fratelli del padre, figli dei fratelli e cugini. Il Dna trovato nel liquido seminale corrispondeva a quello di un cugino da parte del padre.