La fabbrica del buon pensiero

L’esternazione del pensiero è condizionata dall’aspettativa di approvazione o disapprovazione da parte degli altri appartenenti al gruppo sociale nel quale viviamo. Chi riesce a manovrare questo due leve ha il controllo culturale e, di conseguenza, ideologico e politico di una comunità. Ciò che sta mutando in questi ultimi mesi è proprio l’assetto di questo equilibrio, che non aveva subito grossi cambiamenti dal 1968 ad oggi. Per questo assistiamo alla formazione di un opinione pubblica orientata su principi fino a poco tempo fa percepiti come sconvenienti e, in qualche caso, ritenuti addirittura inconfessabili. Questo processo è stato possibile grazie all’avvento dei social che hanno sottratto ai mass media tradizionali il monopolio dell’etichettatura del “buon pensiero”. Infatti, i social si prestano particolarmente a favorire la formazione di istanze di pensiero alternative, grazie al meccanismo dei likes e della condivisione. Ma proprio tale caratteristica rende queste istanze estremamente mutevoli e instabili. Insomma, non ci sarà da aspettare altri 50 anni per vedere affermarsi altre opinioni. Il “buon pensiero” in rete è liquido e segue l’andamento delle maree.

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Informazione e propaganda

Una volta c’erano i giornali di partito, i giovani non lo sanno ma c’erano. L’Unità per il Partito Comunista, l’Avanti per il Partito Socialista, il Secolo d’Italia per il Movimento Sociale Italiano, e così via. La loro funzione dichiarata (sottolineo dichiarata) era quella di fare propaganda e proselitismo attraverso l’informazione. Quando li leggevi, sapevi bene che non ti potevi aspettare notizie che non fossero condizionate dalla visione di parte. Oggi quei giornali non ci sono più oppure hanno cambiato pelle. E’ rimasta quella che, in teoria, dovrebbe essere un’informazione non schierata. In realtà, basta leggere i titoli di molte testate e il loro modo di strumentalizzare i fatti, piegandoli alla propaganda più faziosa, per rendersi conto di come sia difficile oggi informarsi senza essere manipolati. Siamo in balia di un confronto politico che non scende mai di tono, come consumatori, perennemente contesi dai produttori in concorrenza, o come utenti di compagnie telefoniche continuamente bersagliati da nuove offerte. Eppure l’informazione dovrebbe essere un’altra cosa. Dovrebbe.

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Orgoglio e pregiudizi

A volte l’espressione del volto conta più delle parole. Anche quando la parola ha già un valore negativo di per se, come la parola “sbirro”. La faccia di Gino Strada, quando l’ha pronunciata ieri da Lucia Annunziata per definire l’ex Ministro dell’Interno Minniti e l’attuale Salvini, evocava disprezzo misto a disgusto. Si parlava di immigrazione. Mentre lui ripeteva più volte quel termine, nel quale condensava tutti i mali di questa epoca, mi tornavano alla mente le giornate al sole e le fredde nottate che ho passato in Sicilia negli ultimi anni per accogliere ed aiutare migliaia e migliaia di disperati che approdavano sulle nostre coste. Io, Sbirro in mezzo a tanti altri Sbirri. Ritornavano a galla le emozioni provate, che in un’occasione, nel vedere una bambina di pochi anni che somigliava tanto a mia figlia da piccola, mi portarono anche al pianto, che cercai di contenere e nascondere perché non stava bene per uno Sbirro farsi coinvolgere in quel modo. Vero Gino? Siete solo voi che avete questa licenza. Siete titolari del franchising dei buoni sentimenti e non potreste di certo tollerare violazioni dei vostri diritti acquisiti. Non mi sono sentito offeso ieri perché la mia coscienza è a posto. Casomai deluso, ecco qual è stata la mia reazione istintiva. Perché, nonostante tutto, la stimo e ho sempre apprezzato quello che la sua organizzazione fa a favore di persone che soffrono nei territori martoriati dalla guerra. Però, mi permetta un consiglio, a lei che come medico ha curato tante persone: esiste una malattia dell’anima che è quella che poi genera i conflitti più sanguinari: si chiama pregiudizio. Non dovremmo mai smettere di curarla perché nessuno ne è immune. Nemmeno lei.

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