Intervista a Collettivo Idra

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1.Prima di tutto vorrei iniziare chiedendole… chi è Antonio Fusco?

Un cinquantenne, napoletano di origine, che fa il funzionario della Polizia di Stato e ha girato l’Italia per lavoro. Sono approdato in Toscana nel 2000 e mi ci sono stabilito con mia moglie e i miei due figli. Come formazione ho conseguito la laurea in Giurisprudenza e in Scienze delle Pubbliche amministrazioni ed ho frequentato un master di II livello in criminologia forense. Attualmente mi occupo in via prevalente di indagini di polizia giudiziaria.

2. Il suo romanzo OGNI GIORNO HA IL SUO MALE (Giunti) da poco uscito in libreria… Di cosa parla? Ce lo racconti.

Il romanzo è ambientato ai giorni nostri in Toscana, nell’immaginaria provincia di Valdenza.
Il protagonista principale è il commissario Tommaso Casabona, un investigatore esperto che si avvia a compiere i 50 anni. Sarcastico, autoironico, sensibile e schivo. Un antieroe alle prese con un matrimonio in crisi ed un figlio che lotta per uscire dalla dipendenza dall’eroina. A Casabona si unirà Cristina Belisario, commissario inviata da Roma per affiancarlo nell’indagine.
Il romanzo si divide in cinque capitoli, come i cinque omicidi che un serial killer ha intenzione di realizzare. Gli omicidi sono tra loro legati da un unico filo conduttore.
Oltre all’intreccio enigmatico del giallo, il romanzo è attraversato anche da una profonda riflessione interiore che parte dall’enunciazione della legge del Karma e si interroga sull’impotenza degli uomini nel gestire la concatenazione degli eventi della vita; fino ad arrivare alla frase del Vangelo, che da anche spunto al titolo del libro,: “Chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere una sola ora alla sua vita? Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. Ad ogni giorno basta la sua pena.”

3. Come si è approcciato al mondo della scrittura? Quando e perché ha iniziato a scrivere?

Sin da quando ero ragazzo amavo molto leggere libri e mi piaceva scrivere. Negli ultimi anni mi sono avvicinato al mondo del giallo e del noir grazie a partecipazioni a convegni e incontri promossi da associazioni di amanti del genere, dove intervenivo in qualità di esperto e di criminologo. Durante uno di questi incontri mi è venuta l’idea che poi è diventata il motore del giallo, l’intreccio, che ovviamente non posso rivelare. Quando ho iniziato a scrivere, dalla mia esperienza professionale sono venuti fuori da soli, come se non aspettassero altro da tempo, ritagli di memoria che mi hanno aiutato a delineare in modo credibile personaggi, caratteri e situazioni che danno quel taglio particolarmente realistico al romanzo.

4. Quanto tempo ha impiegato a scriverlo? Come ha impostato il lavoro di stesura?

Circa un anno. Dovendo trovare il tempo per la scrittura conciliandolo con gli impegni per il lavoro e la vita familiare. Il lavoro di stesura è stato molto istintivo. Fatto di passaggi e revisioni. Non mi piace l’eccessiva schematizzazione. Preferisco scrivere intorno all’idea e lasciar venir fuori la storia e i personaggi per formare lo script. Ritornandoci poi per le atmosfere e le descrizioni.

5. Ci racconti le tappe che l’hanno portato alla pubblicazione con uno degli editori più importanti del panorama nazionale…

Ho inviato il manoscritto a varie case editrici medio/grandi, scartando a priori l’ipotesi dell’auto pubblicazione. La Giunti mi ha risposto una prima volta dicendomi che aveva trovato delle cose interessanti nel romanzo ma che avevano deciso comunque di scartarlo. Questo mi ha dato fiducia perché mi ha fatto capire che c’era qualcosa di buono. Grazie a una lettura critica ad opera di una professionista freelance ho rivisto alcune cose ed ho rispedito il manoscritto alle case editrici. La Giunti mi ha chiamato dopo una settimana ed è iniziato quel lavoro di editing e di revisione che solo una buona casa editrice può fornire e che rappresenta una garanzia di qualità del prodotto finale e un percorso di crescita per l’autore.

6. Come descriverebbe invece il suo stile?

Non credo che sia compito dell’autore definire il proprio stile ne che si debba preoccupare di averne uno. Un autore scrive e basta. Mette insieme parole per creare emozioni. Devono essere poi i lettori, i critici, i recensori a ragionare di stile, similitudini, etc.

7. Quanto c’è di autobiografico in quello che scrive?

Una volta ho visto un film dove una mamma diceva al figlio piccolo, che poi sarebbe diventato un famoso neurochirurgo, che la fantasia è immaginare un topolino blu. Ma si può immaginare un topolino blu se non si è mai visto un topolino e non si conosce il colore blu? La fantasia, in fondo, è un modo diverso di mettere insieme pezzi della nostra vita e di quella degli altri a cui abbiamo assistito. Quindi, in ogni racconto c’è sempre molto di autobiografico.

8. Il prossimo libro cui sta pensando o lavorando?

Non è mica detto che si debba per forza scrivere un secondo libro. Uno potrebbe anche bastare. A futura memoria per i nipoti. Con tutta la fatica che costa arrivare alla fine. Ma Casabona me lo perdonerebbe mai se non lo facessi?

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