Angein ha novant’anni. Vive nel borgo medioevale di Cervo ligure, un presepe incastonato nella riviera dei fiori, tra Imperia e Savona, dove i vicoli stretti scorrono tra le case in pietra, come fossero rigagnoli di un torrente, per sfociare, d’improvviso, in una piazza affacciata su un mare di un azzurro intenso. All’orizzonte la Corsica. Angein sull’arrivar del tramonto è li. Pochi tavoli, qualche sedia in ferro battuto e lui con una vecchia radio a cassette. La suona come fosse un violino. Accompagna con vecchi valzer di Strauss il sole che scompare dietro le alpi francesi. Qualcuno si ferma a salutarlo ed accenna un passo di danza. E’ felice Angein, di una felicità contagiosa, che si espande tutto intorno rendendo magico quel momento. La felicità è un fortunato allineamento di circostanze. E’ strettamente legata al tempo. Per questa ragione restiamo delusi quando pensiamo di ritrovarla semplicemente ritornando in un luogo o rivedendo una persona. Bisogna saperla cogliere, osservarla e lasciarla andare. Possiamo fermarla solo in un ricordo. Era un pomeriggio del giorno di santa Lucia.

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